mercoledì, marzo 17, 2010

PRONTO?

voce ANSA


Al telefono con Innocenzi, il Cavaliere si sfoga per gli attacchi ricevuti dal programma di Michele Santoro, Annozero, in particolare per le puntate sul pentito Gaspare Spatuzza e sul caso Mills. "Giovedì c'é ancora Spatuzza - dice Berlusconi - e fanno il processo a me, non a lui, come appartenente alla mafia. Allora se voi non riuscite a fare sta roba qua, allora non lo so proprio...".

"Fate schifo, siete una barzelletta, che organismo siete e che ci state a fare. Non ne posso più, davvero fate qualcosa". Serve, secondo il Cavaliere, "una azione concertata" che consenta "di chiudere tutto". E suggerisce a Innocenzi di "fare un casino della Madonna, fai dichiarazioni pubbliche, tipo 'mi vergogno di appartenere a una autorita' che non decide niente (...). Adesso faccio una telefonata di fuoco al presidente dell'Authority". E di seguito: "Mi raccomando perché adesso entriamo in una zona di guerra veramente brutta".


In un'altra telefonata, il premier avverte Innocenzi di stare attento "a parlare di Calabrò, perché ci sono voci, non so se siano vere, che sia sotto intercettazione".


Il 3 dicembre 2009, dalle trascrizioni, emerge una telefonata di Innocenzi anche al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, per chiedere un suo intervento su Calabrò prima della puntata di Annozero sul caso Mills. "Stasera non potrebbe parlare di Mills essendoci il processo in corso", spiega Innocenzi a Letta - facendo riferimento alle "valutazioni" ricevute da "due amici magistrati" - ma per un intervento di Masi serve "una pezza forte", che a dirlo sia il presidente dell'Authority. "Tu - dice al sottosegretario - sei l'ultima spiaggia". Letta, scrive 'Repubblica', pronuncia alcuni commenti incomprensibili, poi taglia corto: "Proverò a cercarlo, grazie, ciao". Subito dopo, si legge ancora nelle carte pubblicate da 'Repubblica', Innocenzi chiama Masi e lo informa di aver parlato con Letta perché chiamasse Calabrò: "...adesso è informato anche Gianni, così abbiamo chiuso il cerchio, nessun può dire che non sapeva...".

Nell'intercettazione con il commissario Agcom, Masi torna sulla puntata di Annozero relativa al caso Mills: "dopo la D'Addario c'era spazio e modo per poter intervenire mille volte, non lo abbiamo fatto, non è stato fatto, e ci troviamo adesso questa roba qui, l'unica cosa che può servire veramente e che se lui (Santoro, ndr) fa la pipì fuori dal vaso stasera...". In un'altra conversazione tra il dg Rai e il commissario Agcom dopo colloqui con Berlusconi, Masi parla della Rai e fa un riferimento all'avvicendamento del direttore di Raitre. "...la stiamo aggiustando, stiamo facendo di tutto, abbiamo mandato via pure Ruffini, insomma voglio dire siamo riusciti a fare...".

Il Cavaliere, al telefono con Innocenzi, si sfoga anche per le sue vicende familiari: "Mi stanno attaccando da tutte le parti - dice - sai quanto mi ha chiesto mia moglie? Tre milioni e 600 mila euro al mese. Fanno 45 milioni l'anno, novanta miliardi di lire, e siccome c'ha il giudice amico dell'avvocato (...) c'é il rischio che succeda che me li danno". Poi parla anche della causa con De Benedetti: "Il fisco mi chiede 900 milioni, De Benedetti ha già avuto una sentenza a favore, 750 milioni... Pensa te mia moglie 90 miliardi di vecchie lire, sono messo bene no? E poi - riporta Repubblica - le sentenze penali con dei giudici che sono dei killer invece di essere dei giudici".

2 commenti:

Flavio Troisi ha detto...

Ce le meritiamo, le centrali nucleari.

chiskyw ha detto...

Ciao! Vorrei riportarti il "Buongiorno" di Massimo Gramellini di oggi, tratto dal sito della Stampa. Per me e' un'ironica e vibrante voce fuori dal coro, sono spesso tristemente d'accordo con lui su quanto scrive.

Cav. che abbaia

Nei Paesi normali, un capo del governo che urla a un’autorità dello Stato «fate schifo», «siete una barzelletta» e ordina di chiudere un programma del servizio pubblico sarebbe costretto ad andarsene nel giro di un’ora. Sempre in quei famosi Paesi, quando un’autorità dello Stato viene trattata dal capo del governo alla stregua di una cameriera, si dimette in un sussulto d’orgoglio oppure esegue l’ordine. Ma noi siamo nella terra degli arlecchini: più servili che servi. Tutti inchini e promesse, niente sostanza. Attraverso il sipario trasparente delle intercettazioni osserviamo questi funzionari mentre si sorbiscono le reprimende del Capo in silenzio (il silenzio degli Innocenzi). Cercano di ammansirlo con parole vaghe, alzano fumo, ma alla fine che fanno? Niente. Lasciano Santoro al suo posto (per fermarlo un misero mese hanno dovuto appiedare pure Vespa) e il Cav. in preda a un delirio di onni-impotenza. Poi, passata la tempesta telefonica, si sfogano con gli amici: «Aho’, quello me manda a fare in c. ogni tre ore!». E lo dicono senza dignità, ma anche senza paura, come se la loro essenza millenaria di burocrati li mettesse al riparo persino dalle ire del padrone.

Montanelli sosteneva che durante il ventennio l’unica resistenza al fascismo la fecero gli impiegati pubblici, contro l’abolizione della pausa cappuccino. Chinavano il capo, allargavano le braccia. E continuavano ad andare al bar. Fu pensando a loro che Mussolini ammise: «Governare gli italiani non è difficile, è inutile». Una grave iattura, certo, ma talvolta consente di evitarne di peggiori.

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