lunedì, ottobre 30, 2006
PARLANO DI BRANCACCIO
Torno da un fine settimana di promozione del fumetto, alquanto inusuale. Sabato abbiamo presentato al Malgiocondo (Libreria Caffetteria di Palermo) il libro ad un pubblico che ha superato le 200 persone. Un successone, oltre le nostre più rosee aspettative. Io e Giovanni eravamo entusiasti. Stamattina invece siamo stati in una scuola Media di Brancaccio, dove abbiamo parlato di fumetto e del libro a dieci classi. E' stato strano vedermi ieri sul tg3 mentre facevano un'intervista a Giovanni sulla storia e io disegnavo.Ne hanno parlato anche QUI, QUI e QUI
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4 commenti:
bravo Claudione, complimenti!!!!
ci vediamo a lucca!
ciao
Ne parliamo anche qui: www.parliamodictta.blogspot.com!!!
Giuseppe
P.S. (Bravissimi!!!)
"BRANCACCIO, Storie di Mafia Quotidiana"
testi: Giovanni De Gregorio
disegni: Claudio Stassi
Collana "Quartieri/1"
Edizioni Becco Giallo S.r.l.
93 pag. B/N
13,00 Euro
"Brancaccio" nasce come progetto corale, come libro a fumetti dedicato al problema Mafia.
La collana "Quartieri" a cui questa pubblicazione appartiene, dedicherà altre storie ambientate in particolari quartieri delle varie città italiane.
Per coloro che non lo sapessero, Brancaccio è appunto il nome di uno dei quartieri di Palermo, sfortunatamente associato alla presenza Mafiosa, all'omicidio di don Padre Puglisi, allo spaccio, al pizzo, eccetera.
Ci viene il dubbio come mai sia stato scelto questo quartiere in particolare, e non ad esempio lo Z.E.N. , più noto a livello nazionale.
Ciò deve essere probabilmente collegato al rilevante contributo dell'Associazione Padre Giuseppe Puglisi nella realizzazione del volume.
Avevo cominciato la lettura di "Brancaccio" con una certa emozione: da sempre ho auspicato che il fumetto portasse le vie di Palermo sulla carta stampata, desiderando di immergermi per i vicoli, per le ombre e per le luci che questa città propone, sperando di non leggere facili schemi alla "Mery per Sempre".
Suddivisa in tre storie parallele, "Brancaccio" è realizzata in tavole ben disegnate da Claudio Stassi; uno stile non prettamente realistico ma comunque affascinante, onirico, sospeso tra realtà oggettiva e allucinazione.
Da sottolineare l'atmosfera particolare dovuta all'utilizzo dei toni di grigio, che portano l'occhio in dimensioni plumbee, forse un po' decadenti, che poco hanno a che fare con la solarità di un quartiere palermitano, ma che rendono bene la drammaticità voluta.
La sceneggiatura affronta però temi visti e rivisti, presenti in "fiction" televisive o cinematografiche, comunque mai, in passato, trasposte professionalmente in fumetti di qualità.
Per alcuni lettori, questo può essere preso come uno spunto originale e creativo, in un mondo, quello del fumetto, troppo spesso chiuso in atmosfere irreali, fatte di cavalieri fantasy, di supereroi in calzamaglia o di città inventate.
D'altra parte, "Brancaccio", non aggiunge nulla ai tanti cliché tipici di film come "Ragazzi Fuori", "Vite Perdute" o similari: storie di ordinarie prevaricazioni quotidiane, mascherate da presunta denuncia sociale, dove si punta l'occhio sul "diverso", sul ragazzo di borgata senza possibilità di redenzione.
Come in questi film, nel fumetto traspare una certa impossibilità di cambiare lo stato delle cose, come se la Mafia e la violenza, la prepotenza e la volgarità di certe parti di Palermo, siano sempre e comunque pronte a divorare la gente onesta.
Probabilmente è così, ma se l'intenzione era lanciare un messaggio…
Protagonisti principali delle tre storie parallele all'interno del volume, sono i componenti di un piccolo nucleo familiare - padre, madre e figlioletto - che si alternano in un gioco Borgesiano non cronologico delle parti: si incrociano, si sovrappongono, vedono scorrere le proprie esistenze quotidiane e, infine, si scontrano tragicamente.
L'originalità termina qui.
In un affaccendarsi di figure piatte e banali come non mai, vediamo cattivi, mafiosi ("memorabile" la comparsata di Tano Badalamenti), ragazzacci, politicanti e medici corrotti, che mai riescono ad emergere seriamente, ad uscire dalla macchietta, ad imporsi sul lettore con una certa forza.
Con i loro sguardi e le loro mezze frasi dovrebbero incutere una specie di legge della strada, che a dire il vero rimane accennata. (segue a pag2)
Lo sceneggiatore cerca di sorprendere il lettore, non tanto puntando sulla problematica sociale o mafiosa tanto pubblicizzata nel sottotitolo "Storie di Mafia Quotidiana " (l'antimafia qui è solo una scusa).
Si viene forse divertiti dallo scoprire che il venditore delle panelle della seconda storia è il padre del ragazzino occhialuto protagonista della prima. Ma il giochino aveva bisogno di essere sorretto da tanta "denuncia sociale"? da tanta "Antimafia" militante? (Considerevole è la parte testuale del volume scritta da varie associazioni antimafia).
Viene il dubbio: questa trilogia (dal vago sapore di "Ai Confini della Realtà") avrebbe retto da sola?
Poteva ottenere la giusta risonanza, la stessa pubblicità, o un certo riscontro commerciale, se non avesse fatto vibrare le campane della bontà e del "politicamente corretto"?
Ad uno sguardo esperto e smaliziato, scontata è la prevedibilità.
Quando il lettore nel primo episodio scorre con gli occhi il ragazzino sul ciclomotore che si muove tra i vicoli del quartiere, può davvero non aspettarsi un colpo di scena? Lo scontro con un Ape Piaggio nella pagina dopo? Prevedibile. Se fossi in voi non scommetterei sul giovanotto.
E quando s'intravede nella seconda parte il padre venditore di panelle col suo Ape Piaggio, non si sospetta subito che fosse egli stesso l'autore dell'incidente? Dramma, orrore, sgomento… o piuttosto un flebile sorriso viene strappato al lettore.
E quante volte abbiamo visto, o letto, di ragazzini occhialuti che sognano un futuro diverso e lontano dal proprio quartiere? Naturalmente qui il sogno si infrange.
Persino il disegnatore cade nella trappola del già visto, caratterizzando il ragazzino con degli occhiali da miope e quindi fragile vittima predestinata dei ragazzacci e del Dio sceneggiatore: un altro schema, un altro cliché.
Leggendo questo albo ci chiediamo: dov'è la denuncia tanto anticipata dalla valida prefazione di Rita Borsellino? Dov'è il messaggio tanto auspicato? Cosa c'entra la Mafia qui ritratta sullo sfondo, quasi come una decorazione, al pari delle mura grigie e delle vie del quartiere, quest'ultimo utilizzato come una quinta scenografica e nulla più
La narrazione procede per il terzo episodio, dove l'autore purtroppo crea un quadro che attinge al consueto repertorio pittoresco e folkloristico di sciocchezze.
L'acqua che manca dalle case, le madonne in processione per le vie, o gli ospedali mal funzionanti.
Altri ennesimi luoghi comuni sui quali forse si deve (o si vuole) porre l'accento per drammatizzare la storia, per creare altra "denuncia sociale" (ancora), per porre in rilievo i "mali" della città.
Ci chiediamo quale immagine della Sicilia darà quest'albo a livello nazionale.
Forse lo sceneggiatore non vive in città da tempo: l'acqua è presente in tutte le zone con cadenza quotidiana ormai da anni, gli ospedali non sono certo a livello svizzero, ma nemmeno da terzo mondo come si vuol far credere.
Ma potremmo mai dirlo in una storia a fumetti ambientata a Palermo? Forse è una precisa scelta. commerciale.
Dovendo scrivere una storia ambientata a Napoli, metteremmo gente che gioca al lotto e processioni di San Gennaro ad ogni angolo? E probabilmente delle vignette ambientate a Milano sarebbero grigie e piene di nebbia.
Seguendo questo modus operandi siamo certi che "Brancaccio" colpirà il grande pubblico in modo furbo e commerciale, tirando le corde del facile sentimento, della lacrima innescata, del vittimismo più becero.
A tale proposito, dopo cotanta fiera di citazioni, arriva il giusto finale, l'Epilogo strappalacrime: chiusura dedicata (ancora una volta furbescamente) a Padre Puglisi, ucciso dalla Mafia e tirato in ballo in modo del tutto forzato dal testamento spirituale del ragazzino occhialuto, che sogna solo di fuggire da Brancaccio e forse dalla Sicilia intera.
Proporre la soluzione della fuga per risolvere i problemi del quartiere è la morale ispirata da questo volume.
Di certo il Mafioso disegnato, sorriderà nei suoi toni di grigio…
Claudio Valenti
sotirios99@hotmail.com
La scelta del quartiere Brancaccio, ha un semplice motivo: Leditore beccogiallo mi aveva contattato per fare un fumetto che parlasse di mafia. ABITANDO io a Brancaccio, mi sembrò logico proporgli la figura di Padre Puglisi. L'idea gli piacque e io e Giovanni cominciammo a lavorare sul progetto. Quello che volevamo era raccontare, cosa in 26 anni, IO avevo vissuto in prima persona!Perché appunto, IO vivo a Brancaccio.parlare di Padre Puglisi e di Brancaccio, non era facile. Molte fiction televisive, film e libri, erano già stati scritti, per questo abbiamo deciso di puntare più sull'atteggiamenti mafioso nella gente che ai grandi "nomi", i riina, i "Provenzano". Ovviamente noi abbiamo detto la nostra e i film a cui ti riferivi "Mary per sempre" e "ragazzi fuori" sono stati i film a cui più ci volevamo avvicinare a livello ideologico e sociologico narrativo.
Ma molti fatti del libro, sono fatti realmente accaduti oppure verosimilmente accaduti.
Io ti consiglierei di farti un giro a Brancaccio, come ho fatto con Giovanni in giro per LE SCUOLE, a parlare di mafia e di quanto la mafia faccia schifo ai ragazzi delle elementari e delle medie, e se TU sei siciliano sai quanto é difficile esporsi. Tu dici che l'acqua cé in tutta palermo? Bene ti invito a prendere il caffé in casa mia d'estate e in casa di vicini tutto l'anno. Poi é normale che se si vive in via libertà l'acqua cé tutti i giorni.
Questo é il motivo di perché si parlava di brancaccio e non di Zen.
L'argomento é un tema già visto? OVVIo, si parla di mafia. Anzi abbiamo deciso di urlare forse più forte di quei registi, che fanno un film su fatti che sentono dire e che NON vivono, per come li abbiamo vissuti io e Giovanni. Ovviamente la Sicilia sta crescendo e gli interventi di Edoardo, di Addio Pizzo e di Rosaria Cascio, erano proprio mirati a questo. Ma lo fa troppo lentamente secondo me. Perché? Perché se ne parla poco, e quando se ne parla ti dicono di ficcare la testa sotto la sabbia perché si sporca la Sicilia agli occhi degli altri. Una città si ama di più quando ci si espone per dire la propria cercando di migliorarla anche per 1% e se non ci riesci, almeno ci hai provato.
La visione onirica del ragazzo che vuole andarsene é ovviamente un sogno che OGNI ragazzino che vive in un quartiere come Brancaccio vive giornalmente. E se lo so é perché IO CI VIVO!
Ogni commento é libero. Il fumetto può piacere come no. Io so soltanto che ci abbiamo messo il cuore, ai lettori libero arbitrio. ; )
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